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7 Febbraio 2015
COLDIRETTI GROSSETO: PER LA ZOOTECNIA QUESTI I NUMERI SU CUI RIFLETTERE E DIRE BASTA.


Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti nel nostro territorio sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta. E’ quanto emerge dal dossier “L’attacco alle stalle italiane” presentato dalla Coldiretti in occasione della piu’ grande operazione di mungitura pubblica mai realizzata in Italia e nel mondo con ministri del Governo, governatori delle regioni, sindaci, politici, esponenti della cultura, dello spettacolo e del mondo economico e sociale. 
Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di latte equivalente tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate,  polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. "Complessivamente in Italia - sottolinea il direttore della Coldiretti di Grosseto Andrea Renna - sono arrivati 8,6 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) che vengono utilizzati in latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta". Ad essere spacciato come italiano è il latte proveniente in cisterne soprattutto da Germania, Francia, Austria, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia e Olanda. In particolare si assiste ad un sostanziale aumento dell’import dei Paesi dell’Est ( +18% Ungheria, + 14% Slovacchia, + 60% Polonia) e una diminuzione di quello  importato  dai Paesi dell’Ovest (-7% dalla Germania  e -13% dalla Francia), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relative ai primi dieci mesi del 2014. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta perché non è ancora obbligatoria l'indicazione di origine, oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco. Ma sul mercato europeo ed anche in Italia sono arrivati anche i similgrana di bassa qualità spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. Una concorrenza sleale. 
“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali, con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti”, ha affermato il presidente della Coldiretti di Grosseto Francesco Viaggi. 

PER LA ZOOTECNIA IL PREZZO NON E’ GIUSTO
 
Il prezzo del latte fresco moltiplica piu’ di quattro volte dalla stalla allo scaffale con un ricarico del 328 per cento che è esploso nell’ultimo anno per il taglio del 20 per cento nel compenso riconosciuto agli allevatori mentre il prezzo al consumo tende addirittura ad aumentare. E’ quanto emerge dal dossier “L’attacco alle stalle italiane” presentato dalla Coldiretti in occasione della operazione di mungitura pubblica realizzata a Firenze e in Italia. Sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea il latte viene pagato agli allevatori in media 0,35 centesimi al litro, con un calo di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, di qualche centesimo superiore allo scorso anno.  "In altre parole - spiega Renna dalla Coldiretti di via Roccastrada - gli allevatori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle, quattro litri  per una bottiglietta di acqua al bar mentre quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette. Ma soprattutto il prezzo riconosciuto agli allevatori non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali e sta portando alla chiusura di una media di 4 stalle al giorno con effetti sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla sicurezza alimentare degli italiani". Una accelerazione favorita anche dall’embargo deciso dalla Russia ai prodotti agroalimentari europei che oltre a penalizzare direttamente le esportazioni dei formaggi tipici Made in Italy sta facendo arrivare in Italia il latte che gli altri Paesi Europei prima esportavano nel paese di Putin. A rischio c’è un settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare con 36 mila imprese di allevamento che producono 11 milioni di tonnellate di latte bovino di produzione complessiva e generano nella filiera un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati della filiera. Circa la metà del latte consegnato (45,5 per cento per circa 50 milioni di quintali), è destinato alla produzione di ben 48 formaggi DOP. “Nella forbice dei prezzi dalla stalla alla tavola c’è spazio da recuperare per consentire ai consumatori di acquistare un prodotto indispensabile per la salute e per dare agli allevatori italiani la possibilità di continuare a garantire una produzione di qualità con standard di sicurezza da record”, ha affermato il presidente Viaggi nel sottolineare che “a dimostrarlo ci sono gli esempi significativi di gruppi lungimiranti della distribuzione e dell’industria che ci auguriamo possano essere seguiti da tutti”. 
 

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