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4 Aprile 2016
COLDIRETTI GROSSETO: SUCCESSO PER BENVENUTA PRIMAVERA; APPRENSIONE PER IL FUTURO DEL LATTE MAREMMANO

 
A margine del successo dell’iniziativa targata Coldiretti Grosseto e Campagna Amica che, con Benvenuta Primavera, ha visto riempirsi piazza Dante, nel centro della città, con gli stand degli imprenditori del circuito di Campagna Amica, insieme agli operatori di Terranostra, l’associazione agrituristica provinciale dell’organizzazione agricola, ha tenuto banco la grande mobilitazione di Coldiretti per il settore zootecnico e, più precisamente, quella che ha visto scendere in piazza i produttori per il prezzo del latte a Udine sabato scorso.
“Purtroppo anche qui in Maremma – ha esordito il direttore Andrea Renna – il settore è in crisi e le strutture di cooperazione hanno tagliato il prezzo ai produttori con due centesimi in meno che mettono a rischio la tenuta degli allevamenti oltre che non garantire la remunerazione per le spese di produzione degli allevatori. Il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte nel passaggio dalla stalla allo scaffale, ma agli allevatori non rimangono neanche quei pochi centesimi necessari per dare da mangiare agli animali. Chiederemo un incontro urgente, come Coldiretti Toscana e Coldiretti Grosseto, al presidente di Latte Maremma, poiché intendiamo aprire un dialogo costruttivo utile ad evitare tagli ai produttori magari intervenendo diversamente sui costi di produzione dell’importante struttura che ha sede a Grosseto”. Il problema vero alla base della crisi per Coldiretti resta però quello legato all’applicazione delle norme sull’etichettatura del prodotto. “Di fronte a un crisi senza precedenti nel settore - aggiunge Renna - ad un anno dalla fine delle quote latte, non si porta a conoscenza dell’opinione pubblica, che una mozzarella su quattro in vendita non è ottenuta direttamente dal latte, ma da semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta. Ciò provoca una distorsione del mercato, una depressione dei prezzi pagati agli allevatori e causa la chiusura degli allevamenti. Di fronte a questa escalation di truffe e inganni, per salvare il Made in Italy, non c’è piu’ tempo da perdere e occorre rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine del latte in tutti i prodotti lattiero caseari per garantire la trasparenza dell’informazione e la salute dei consumatori. "Per questo siamo scesi in piazza ad Udine nei giorni scorsi dove, in perfetta solitudine,  ma con migliaia di produttori Coldiretti – spiega il presidente Marco Bruni - abbiamo chiesto attenzione ed ora attendiamo risposte".
Tornando al mercato di Campagna Amica, andato in scena in piazza Dante, tanti i commenti positivi sia degli imprenditori che dei grossetani e anche da parte delle autorità cittadine presenti come il presidente della Camera di Commercio Riccardo Breda, il presidente della Cna Renzo Alessandri, il consigliere regionale Leonardo Marras, il presidente dell' Olma Massimo Neri, il presidente di Latte Maremma Fabrizio Tistarelli, il sindaco di Magliano Diego Cinelli, il Capo di Gabinetto, Vice Prefetto Aggiunto Sabrina Agresta e molte altre. "Una spinta in più per continuare con il nostro progetto di Forza Amica del Paese – concludono Renna e Bruni  - e valorizzare le produzione locali. Nel prossimo fine settimana saremo a Roma, al Circo Massimo, il Mercato di Campagna Amica della Capitale, con il meglio della Maremma e dell’offerta di Terranostra  e poi continueremo le nostre azioni a macchia di leopardo in tutta la provincia di Grosseto fino ad agosto". 
  
I NUMERI DELLA CRISI DEL LATTE:
 
3 cartoni di latte a lunga conservazione su 4 venduti in Italia sono stranieri mentre il 50% delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta. Oggi, a fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero, sotto forma di concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori. Si tratta di circa il 40 per cento e c’è dunque  il rischio concreto che il latte straniero possa a breve per la prima volta superare quello tricolore. Nel 2015 hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa 10 chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco. L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy. Finalmente ci sono le condizioni per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza sotto la spinta di Italia e Francia, alla quale è stata già concessa l’autorizzazione dalla Commissione europea per l’etichettatura di origine per i derivati del latte e della carne. Un via libera venuto sulla base del regolamento comunitario N.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, che consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine, ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole. Una iniziativa che si è svolta in Italia con un risultato che non lascia spazio ad equivoci ed impegna le Istituzioni nazionali a introdurre l’etichetta dove ancora manca, dai formaggi ai salumi, dalle conserve ai succhi di frutta fino al latte a lunga conservazione. La consultazione pubblica on line del Ministero, che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015, l’89 per cento dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari e l’87% per le carni trasformate.
In Italia sugli scaffali il prezzo del latte fresco di qualità oscilla infatti attorno a 1,50 euro al litro, con la differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori che è la più alta d’Europa secondo l’analisi della Coldiretti. Nel nostro Paese il latte fresco viene pagato dai consumatori oltre il 30 per cento in più rispetto alla Germania e il 20 per cento in più nel confronto con la Francia, ma nelle stalle arrivano solo pochi centesimi. All’inizio delle regime delle quote latte nel 1984 in Italia il latte veniva pagato in media agli allevatori 0,245euro al litro mentre i consumatori lo pagavano 0,40 euro al litro (780 lire), con un ricarico quindi del 63 per cento dalla stalla alla tavola. Nel 2000 agli allevatori il latte veniva pagato 0,32 euro al litro mentre i consumatori lo pagavano un euro al litro, con un aumento del 213 per cento dalla stalla alla tavola. Oggi la forbice si è ulteriormente allargata e  il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 355 per cento. Agli allevatori arrivano, infatti, in media 0,33 euro al litro mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro. Oggi gli allevatori devono vendere 3 litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar mentre quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette. Nella forbice tra produzione e consumi ci sono margini da recuperare per garantire un prezzo giusto e onesto che tenga conto dei costi di produzione agli allevatori e per agevolare gli acquisti dei cittadini di un prodotto indispensabile per la salute. 
 
 

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