Tra le tante specie protette ce n’è una che, non essendo considerata tale, è ormai in via di estinzione. Si tratta degli agricoltori maremmani, impegnati nella filiera del settore ovi-caprino, ormai al limite della sopravvivenza e, è il caso di dirlo, presi per il collo dai contini attacchi di predatori che hanno comportato negli ultimi anni la chiusura di oltre 200 allevamenti. “Ormai siamo al limite della sopravvivenza – ha detto un rappresentante di una categoria stremata, nel corso di un incontro tra allevatori e l’assessore provinciale all’agricoltura, Enzo Rossi organizzata da Coldiretti – e il paradosso è che sembra un fenomeno non interessante per alcuno”. Il presidente di Coldiretti, Francesco Viaggi, ha spiegato come il problema sia effettivamente assai preoccupante, tanto - ha raccontato rivolgendosi direttamente all’assessore - “che proprio in questi giorni altre quattro aziende stanno chiudendo”. “Un fenomeno di depauperamento del territorio – ha sottolineato il direttore della stessa associazione, Alessandro Corsini – che oltre ad incidere negativamente nel contesto agricolo provinciale, comporta un progressivo processo di abbandono di territori spesso marginali, che, non più presidiati dal lavoro dell’uomo, provocherà indubitabili danni socio-ambientali a tutta la collettività”. Nel corso dell’incontro gli allevatori hanno sottolineato come anche gli ultimi tentativi di arginare il problema, come il finanziamento di un’attività di guardiania, non si siano rivelati efficaci. “Ormai i lupi (oltre agli ibridi e ai cani inselvatichiti Ndr.)si sono fatti più furbi di noi – ha raccontato un pastore – se facciamo la guardia la notte, loro ci attaccano le greggi sotto la luce del sole. Che facciamo? Non possiamo lavorare ventiquattro ore al giorno!”. Ne, tanto meno, si sono dimostrate efficaci le norme compensative sui danni subiti. Atteso che, calcolando il danno indotto dagli attacchi (come gli aborti e l’interruzione della produzione di latte provocata per gli animali), e le spese di certificazione del danno e dello smaltimento delle carcasse, i rimborsi assicurativi coprono si e no il 10% del danno subito dall’azienda. Il problema dello smaltimento delle carcasse a carico di chi ha subito l’uccisione delle proprie greggi appare particolarmente odioso. “E’ come – hanno commentato gli agricoltori – dover pagare la benzina al ladro che è venuto a casa nostra per derubarci”.
L’assessore Rossi – mostratosi pienamente conscio della grave crisi che attanaglia il settore dell’allevamento ovino – si è rivolto ai rappresentanti dei pastori con un’usuale schiettezza, che ha avuto il pregio di mitigare la loro comprensibile esasperazione. “Il problema – ha detto – è assai complesso, e talvolta ci sembra che, indipendentemente da chi sia al Governo del Paese, lo Stato non riesca a valutarlo adeguatamente”. L’assessore ha spiegato di essersi fatto parte diligente per lanciare un progetto, finanziato dalla Comunità Europea, che se approvato metterebbe a disposizione del territorio 1Milione e 800Mila euro per condurre una campagna triennale per la cattura e il ricollocamento di cani inselvatichiti e ibridi, e di censimento e contenimento incruento dei lupi. “Si tratterebbe – ha aggiunto Rossi – di un’operazione combinata che coinvolgerebbe, oltre alla Regione, il Wwf, e l’Università di Roma, e non è da escludere che potrebbe essere allargata anche agli altri territori interessati dal fenomeno predazione”. Per quanto riguarda il paradosso delle spese di smaltimento degli animali uccisi, a carico dei loro stessi proprietari, l’assessore provinciale ha annunciato che la Provincia si propone di realizzare quattro centri pubblici per lo smaltimento dove sarà possibile conferire le carcasse degli animali a ‘costo 0’”.