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6 Settembre 2010
Pastori al Ministero: “Il lavoro non paga”

Gli allevatori maremmani di Coldiretti hanno manifestato oggi a Roma, assieme ad oltre un migliaio di colleghi provenienti da Sardegna, Lazio, Toscana, Sicilia, Umbria e da altre Regioni italiane, per sostenere la piattaforma di mobilitazione della Coldiretti a difesa di un patrimonio economico, sociale, ambientale e culturale unico del Made in Italy. I pastori hanno portato di fronte al Ministero delle Politiche Agricole il frutto del loro lavoro, con i diversi tipi di pecorino prodotti paese, assieme ad un “gregge dimostrativo”, in rappresentanza delle sette  milioni di pecore italiane a rischio di scomparsa. Allo stato, infatti, da ogni animale si ottiene circa un litro di latte al giorno, che viene sottopagato fino a circa 60 centesimi al litro, mentre solo i costi di allevamento si avvicinano all’euro. “Il lavoro dei pastori –  ha spiega Fausto Ligas, presidente di Coldiretti Siena e referente di settore per Coldiretti Toscana – è difficile e faticoso. Gli animali vanno munti due volte al giorno: da ogni pecora si ottiene circa un litro di latte al giorno, a cui viene riconosciuto un prezzo che non basta neppure a coprire i costi di produzione. Questo ha prodotto una grave crisi che rischia di spazzare via capi e allevamenti e, di conseguenza, di modificare anche lo stesso paesaggio toscano”.
Pochi numeri per capire l’emorragia che ha colpito il settore. Il numero dei capi ovini, negli ultimi dieci anni, è precipitato da oltre 600 mila a poco più di 400 mila. Drastica è stata anche la riduzione del numero delle aziende: nell’ultimo decennio, dalla mappa regionale un terzo degli allevamenti è sparito. Oggi le aziende specializzate nella produzione di latte sono circa 1.200, a queste si aggiungono gli allevamenti da carne e i micro allevamenti.
Le province più vocate alla pastorizia sono Grosseto, dove insiste la maggior parte delle aziende attive, Siena ,dove si trovano le aziende di dimensioni superiori alla media regionale, Arezzo, Firenze e Pisa.
Ogni anno nella regione vengono prodotti circa 600.000 quintali di latte lavorati in una quarantina di caseifici. Un quarto del prodotto viene trasformato in pecorino Toscano Dop, e il resto serve a preparare pecorini di varie etichette e formaggi misti. “Evidente la necessità di trovare misure per fronteggiare la crisi – ha aggiunto Ligas -. Abbiamo bisogno di iniziative specifiche sia sul piano politico-istituzionale che su quello del mercato. Non possiamo più sopportare il peso dell’intera filiera. Le industrie sottopagano il nostro prodotto, ma senza alcun beneficio per il consumatore che paga sempre più caro e salato il formaggio”. In questo contesto sono calati del 30 per cento gli allevamenti di pecore negli ultimi dieci anni in Italia dove la crisi in atto rischia di decimare irrimediabilmente i circa 70mila allevamenti rimasti che svolgono un ruolo insostituibile per l’ambiente, l’economia, il turismo e la stabilità sociale del territorio. I pastori italiani, manifestando a Roma, intendono passare dalla protesta alla proposta con la richiesta di iniziative sul piano politico-istituzionale e su quello del mercato, dove il latte viene sottopagato dalle industrie a livelli insostenibili per gli allevatori. “No pecore no party, senza la pastorizia la Sardegna muore”, “Industriali come lupi strangolano pastori”, “Allevamenti Ko: il prezzo non è giusto” e “Subito l’etichetta di origine” sono alcuni degli slogan scritti negli striscioni che sono sostenuti dai manifestanti della Coldiretti che hanno adottato come mascotte un piccolo agnellino ed offerto gustoso pecorino,  frutto del proprio lavoro, ai passanti. Nell’ultimo quinquennio la produzione nazionale di latte ovicaprino ha evidenziato una tendenza al calo a causa di una progressiva perdita di redditività degli allevamenti con la remunerazione del latte che ha seguito un trend negativo negli ultimi cinque anni. L’allevamento ovicaprino - sottolinea la Coldiretti - è un’attività che, concentrata nelle zone svantaggiate, è ad alta intensità di manodopera. Il settore ha registrato un incremento dei costi, in particolare per il combustibile, l’elettricità e i mangimi, determinando una ulteriore pressione sul settore che già versa in una situazione critica sul piano della competitività. Preoccupante è la flessione costante dei consumi nazionali dei prodotti ovicaprini. Anche nel mercato estero, le scarse strategie di difesa dell’immagine dei prodotti tipici italiani porta a sostituire l’acquisto del Pecorino Romano (95 per cento dell’export di formaggi ovicaprini) con prodotti simili provenienti da altri concorrenti stranieri. Inoltre, l’eccessiva dipendenza dall’export di un singolo prodotto (Pecorino Romano) su un unico mercato (Stati Uniti) rende estremamente vulnerabile tutta la filiera, come dimostra l’andamento negativo delle vendite durante l’ultimo quinquennio. Da evidenziare, infine, la crescente importazione nell’Unione Europea di carne ovina che esercitano una pressione al ribasso sul prodotto nazionale per la mancanza dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta che - conclude la Coldiretti - consente di spacciare come nazionale la carne importata.

LA PASTORIZIA ITALIANA IN CIFRE
70 MILA ALLEVAMENTI (- 30% in 10 anni);
7,1 MILIONI DI PECORE;
6,7 MILIONI DI QUINTALI  DI LATTE PRODOTTO ALL’ANNO di cui 4,8 milioni consegnati per la trasformazione nei caseifici privati o cooperativi  (La prima regione di allevamento in Italia è la Sardegna con 3,2 milioni di quintali latte consegnati, la Toscana con 700.000 quintali il Lazio con 420.000 quintali e la Sicilia con 180.000 quintali);
 60 CENTESIMI AL LITRO PAGATI AGLI ALLEVATORI IN SARDEGNA;
UN LITRO DI LATTE AL GIORNO DI PRODUZIONE MEDIA GIORNALIERA PER PECORA.
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

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