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27 Ottobre 2023
CLIMA: SUL MONTE AMIATA CROLLA LA PRODUZIONE DI CASTAGNE, RISCHIO SPOPOLAMENTO

Il crollo della produzione di castagne sul monte Amiata fa scattare la crisi del settore castanicolo che mai, come quest’anno, è costretto a fare i conti gli effetti dei cambiamenti climatici. Nemmeno il Cinipide galleno era riuscito, nel 2014, a creare tanta incertezza nel futuro del settore pilastro dell’economia agricola di montagna che rappresenta la principale fonte di reddito agricolo per moltissime aziende e per la filiera dei prodotti freschi e trasformati (farina) che arriva fino ai ristoranti e all’industria dolciaria. A fornire un nuovo puntuale aggiornamento è Coldiretti Grosseto preoccupata per le conseguenze di una stagione molto negativa per le aziende agricole e per tutto l’indotto. La produzione di castagne è più che dimezzata. Un danno enorme per un territorio che esprime la Castagna del Monte Amiata IGP, una delle cinque indicazioni che fanno della Toscana la regione regina dell’autunno. “È la stagione più difficile di sempre per la castanicoltura. – spiega Simone Castelli, Presidente Coldiretti Grosseto - Questa situazione mette a rischio la sopravvivenza delle aziende agricole che basano la loro sussistenza su questo prodotto che è stato ed è ancora tutt’oggi una primaria e fonte di reddito certa senza la quale è in forte discussione la continuità di molte imprese che con il lavoro, gli investimenti e la passione tengono viva la montagna. L’agricoltura, soprattutto per aree come quelle del Monte Amiata, tiene in vita paesi, borghi e terreni che altrimenti rischiano di essere abbandonati con conseguenze sull’erosione e la tenuta idrogeologica ma crea anche le condizione necessarie per il ricambio generazionale”. 

Del resto le previsioni della vigilia fornite dall’associazione nazionale Città del Castagno avevano già anticipato la forte contrazione della produzione. La causa sono gli sfasamenti climatici che hanno mandato in tilt la natura. Le abbondanti piogge di maggio e giugno hanno condizionato pesantemente l’allegagione dei fiori, che è il passaggio dal fiore al frutto, successivamente i prolungati rialzi delle temperature, accompagnati da lunghi periodi di siccità, hanno provocato un taglio delle disponibilità importante, anche se non ovunque. “E’ una stagione piena di difficoltà. Raccoglieremo il 70% in meno di prodotto che per la nostra azienda significa un ammanco di 10-15 mila euro. – spiega Francesco Monaci titolare dell’omonima azienda  di Castel del Piano – La castanicoltura è sempre stata un sostegno importantissima per le famiglie in queste zone; una fonte di reddito certa che ha permesso a generazione dopo generazione di vivere in questi territori e tramandarsi la cultura della cura dei castagneti. Speriamo sia solo un anno storto”. Sempre a Castel del Piano, l’azienda di Mirko Fazzi ha portato la castanicoltura amiatina nell’era della meccanizzazione. Dalla raccolta fino alla vagliatura il processo è in gran parte meccanizzato. Ed anche l’essiccatoio unisce tradizione ed innovazione. Una svolta verso la tecnologia spinta dalla necessità di reperire ogni anno manodopera per raccogliere da terra le castagne. L’azienda di Fazzi è sicuramente tra le aziende castanicole più moderne in circolazione in Toscana. “Sono cresciuto tra questi castagneti ma un’annata così non la ricordo. – racconta Fazzi – Manca il prodotto e quel poco che c’è non basta a coprire i costi che sosteniamo ogni anno per tenere questi castagneti come giardini, sempre puliti, sicuri ed ordinati, ne tanto meno per rispondere alla crescente domanda. Il futuro mi preoccupa. Abbiamo fatto investimenti importanti ed altri vorremo farli per chiudere la filiera e produrre in casa anche la farina”.

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