La campagna maremma è una babele di lingue e storie imprenditoriali. E’ la provincia, tra quelle toscane, con il maggior numero di imprese a guida non italiana, ben 765, in crescita del 25,2% nel giro di un triennio. Non solo contadini Vip ed imprenditori di successo che hanno deciso di investire sul Made in Tuscany agroalimentare, la campagna della maremma è il sogno italiano per molti immigrati che dopo un’esperienza in qualità di lavoratore dipendente sono riusciti a diventare imprenditori di se stessi e a raggiungere una vera integrazione sociale ed economica. A dirlo è Coldiretti Grosseto in occasione della Giornata del Migrante sulla base dei dati della Camera di Commercio secondo cui l’incidenza delle imprese agricole straniere è aumentata di un punti percentuale passando dal 7% all’8%.
“Solo nell’ultimo anno sono state 62 le nuove imprese agricole non italiane consolidandole come elemento strutturale del settore primario e della nostra società. Una crescita significativa che è anche un paramento importante per misurare l’integrazione lavorativa e sociale di tanti immigrati insieme al loro contributo alla crescita economica del nostro sistema. – spiega Simone Castelli, Presidente Coldiretti Grosseto – Dal lavoro di queste imprese e soprattutto di tanti lavoratori stranieri dipende un prodotto agricolo su due assicurando al contempo una spinta al ricambio generazionale soprattutto nei territori marginali e più difficili. Sono una forza imprenditoriale e lavorativa indispensabile che rende la nostra agricoltura multietnica; attori del Made in Maremma a tutti gli effetti che contribuiscono ai primati del nostro agroalimentare di qualità”.
In provincia di Grosseto in appena tre anni le imprese agricole a conduzione straniera sono cresciute in maniera costante passando dalle 611 del 2019 alle attuali 765 con un incremento dell’8,8% a cavallo tra il 2021 e 2022. Un exploit superiore a quello sia dei giovani (+5,7%) sia delle imprese al femminile (+0,5%). Un agricoltura sempre più multietnica quella della maremma che può contare, oltre che su capitali ed investimenti stranieri, su mani e forza lavoro indispensabili per settori strategici, soprattutto durante i periodi della raccolta e con sistematica stagionalità, come il vino, l’olio, l’orticoltura e la zootecnia ma anche negli agriturismi. 4.800 lavoratori, pari al 48% del totale della manodopera, è infatti straniera di cui 1.293 provenienti da paesi comunitari (26%). Al record di imprese straniere si lega il record di lavoratori con meno di 40 anni che sono il 57,1% del totale. Il dato più alto tra tutte le province. E tra i più alti per la stagionalità: il 96% dei contratti è a tempo determinato.
Salvator Marku è tra gli “stranieri” che è stato sia dalla parte dell’operai agricolo sia da quella degli imprenditori. La sua è una delle tante belle storie da raccontare. Partito all’età di 17 anni da clandestino da Durazzo su una barca nel 2001 insieme a tanti altri connazionali in fuga, oggi è imprenditore vivaistico a Roselle e collabora con una delle più importanti realtà del settore a livello mondiale: la Giorgio Tesi Group. Originario di Scurtari, è titolare dell’azienda Global Green che produce piante mediterranee, dalle querce ai cipressi neri, dalle palme ai lecci su 10 ettari circa di superficie ed ha in organico 17 operai, tutti connazionali. Tutto quello che ha se lo è guadagnato con il lavoro instancabile, l’impegno, la serietà di chi ha incontrato lungo il suo cammino. “Devo molto a Fabrizio (Tesi) che mi ha dato fiducia. – racconta Marku – Sono arrivato che non avevo niente, da solo, con i documenti falsi, ma con tanta voglia di imparare e rispetto per questo Paese che ci stava ospitando. Dopo essermi regolarizzato ho iniziato a lavorare come apprendista in un vivaio di Pistoia per quattro anni. Successivamente mi sono messo in proprio lavorando come contoterzista sempre nel vivaismo. Nel frattempo risparmiavo e facevo sacrifici. Poi è arrivata la chiamata di Fabrizio Tesi, che mi ha voluto nella sua azienda, una realtà incredibile con cui collaboro tutt’oggi. E’ l’esperienza che ha cambiato la mia vita e quella della mia famiglia. Nel 2006 sono riuscito ad aprire la mia azienda e passo dopo passo siamo cresciuti…”.
Marku considera l’Italia il suo Paese. “Sono albanese, nel mio sangue scorre sangue albanese, ma l’Italia è la nazione che mi ha aperto le porte e mi ha dato una chance. Per essere accettato devi dimostrare di essere una persona seria, che rispetta gli impegni, riconoscente e che riga dritto. Il lavoro ha permesso a tutti noi di integrarci e di sentirci parte di una comunità. E’ stato fino a qui un viaggio bello ma anche duro che mi permette di dare ai miei figli quello che a noi è mancato a partire dall’istruzione”.
Nella foto da sx Marku Salvator e Fabrizio Tesi